Il camposanto

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Il monumentale camposanto fu inaugurato nel 1888 nell’area della “silva” dei Cappuccini, giardino di cui si conserva un’antica cisterna. Il progetto risente chiaramente dell’influenza di Leone Savoia e del suo Gran Camposanto messinese, da cui mutua la valorizzazione dell’inserimento nel panorama naturale e taluni accorgimenti scenografici.
Si accede al recinto attraverso un elaborato ingresso: cancelli riccamente decorati, retti da una coppia di pilastri, immettono in un vialetto alberato, chiuso tra nascondono la visuale. Al termine si apre un vasto e spoglio atrio a pianta quadrata pure cinto da muri: superato questo spazio chiuso riprende il viale alberato, ormai libero e aperto su un bellissimo panorama marino esaltato dal contrasto coi precedenti spazi privi di visuale.

Al termine del viale sorge la cappella Cumbo, originale costruzione liberty arricchita da vetrate e ferri battuti. Sfruttando il forte pendio naturale del terreno, la zona a monte è stata divisa in tre grandi terrazzi panoramici, raccordati da scalinate. Tre cappelle sono disposte sul limite settentrionale: appartengono ai frati Cappuccini, alla famiglia Trimboli ed alla famiglia D’Amico e sono in stile neogotico ma con accenti floreali nella cappella D’Amico. Tra le cappelle del terzo terrazzo particolarmente curata é quella dei Piraino, in stile neorinascimentale: all’interno si conserva un tondo marmoreo con ritratto della gentildonna Antonietta Giangrasso Piraino scolpito da Mario Rutelli nel 1893. Numerose altre costruzioni ripropongono moduli variabili tra il neoclassicismo, il neogotico ed il liberty adattati alle finalità cimiteriali senza particolarità di rilievo. Cappelle gentilizie minori sono ricavate nei muraglioni di sostegno dei terrazzi. Una quarta terrazza a valle del viale era destinata alle sepolture dei poveri ed è stata sistemata exnovo di recente: qui si trova il moderno sepolcreto della famiglia Rizzo.

Sculture di artisti vissuti tra gli ultimi anni dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, perlopiù messinesi, hanno popolato gli spazi lasciati liberi. Nel primo terrazzo è da segnalare il monumento ai coniugi Andolina eretto negli anni Ventined opera dello scultore Schipilliti: i personaggi sono rappresentati a figura intera ed a grandezza naturale ai lati di un alto cippo. Vicino è ubicato il busto dedicati a Stefano Zirilli Proto. Nei pressi della scalinata si erge il busto del sacerdote Giuseppe D’Amico arricchito da iscrizioni di Tommaso Cassisi. Vicino è il grandioso monumento del fanciullo Stefano Muscianisi Platania, la cui statua a figura intera è stata scolpita da Giovanni Scarfì nel 1893: il bambino è raffigurato mentre gioca con una colomba ed il basamento è arricchito di stemmi e festoni. Nei pressi è ubicato il monumento all’adolescente Antonio Galluppi De Gregorio, con statua di Giuseppe Gangeri (1896). Nel secondo terrazzo, concentrati intorno al vialetto centrale, si trovano: il sarcofago di Rosa Florio Lombardo, scolpito da Gregorio Zappalà, con una statua di donna in gramaglie; il monumento di Francesco Lo Presti, dello stesso autore, in forma di obelisco con medaglione – ritratto ed un bel putto ai piedi (1901); il monumento di Gioacchino Chinigò, con iscrizione e statua a mezza figura dello scrittore, che si erge da un cumulo di sassi a ricordarne la morte tra le macerie del terremoto di Messina, opera di Filippo Lo Schiavo; il sepolcreto della famiglia Zuco con la statua dell’adolescente Pier Maria Zuco morto nel terremoto di Messina del 1908 ed iscrizione del Pascoli.

Sono opera di Giovanni Scarfi i busti di Angelina Gerosa Cambria (1910), del professore Francesco Bertè (1898) e della bambina Margherita Bevacqua D’Ondes (1892). Una iscrizione ricorda il musicista Riccardo Casalaina, vittima del terremoto di Messina, nel sepolcreto della famiglia Lucifero. L’epigrafia delle sepolture storiche contribuisce a creare un significativo quadro della Milazzo a cavallo tra Ottocento e Novecento.
Tra i monumenti più recenti si possono ricordare quello del Capitano Massimo Scala, scolpito nel 1963 da Rosario Leonardi, e dello scultore Filippo Lo Schiavo con la statua dello scalpellino.