Ecce homo tra Ponzio Pilato ed un aguzzino
Autore: Manifattura trapanese (Bottega dei Tipa?)
Datazione: Secolo XVIII
Materiale: Alabastro, alabastro rosa, pietra
Dimensioni: cm 34×16 (Pilato), cm 36×16 (Cristo e aguzzino)
Luogo: Milazzo, Fondazione Lucifero
Reso noto da Caterina Di Giacomo, il gruppo scultoreo, raffigurante l’Ecce Homo, costituisce un significativo esempio di quella produzione scultorea in piccolo formato fiorita a Trapani tra il XVII e il XVIII secolo, che conobbe uno straordinario successo grazie all’abilità degli artefici di unire il gusto per i materiali preziosi (avorio, corallo, alabastro, madreperla, ambra) a tematiche devozionali di immediato impatto emotivo e spesso legate ai culti locali come la celeberrima Madonna di Trapani.
Anche la nostra opera affonda le sue radici in una tradizione religiosa particolarmente sentita, in quanto si ispira alle statue il legno, tela e colla (cachert) adoperate durante la processione dei Misteri dolorosi del Venerdì Santo a Trapani. In particolare essa deriva dal gruppo scultoreo eseguito da Giuseppe Milanti nel XVII secolo e rielaborato da Francesco Nolfo nel secolo successivo, rappresentando, peraltro, un’interessante testimonianza della condizione del fercolo processionale prima dell’aggiunta della balaustra d’argento realizzata nel 1852.
Come in casi analoghi, l’ Ecce Homo di collezione Lucifero presenta una commistione di più materiali: la figura di Cristo e le teste degli altri due personaggi sono realizzate in alabastro rosa, mentre il corpo di Pilato in alabastro bianco e quello dell’aguzzino in pietra. Appaiono posticci, invece, gli arti superiori di quest’ultimo, le mani del governatore romano e, probabilmente anche la colonna, che dovette sostituire l’originario bastone, più consono all’iconografia in oggetto. A parte i risarcimenti posteriori, il polimaterismo appare il frutto di una precisa scelta figurativa, orientata a sfruttare le specifiche qualità dei materiali e a privilegiare la figura di Cristo. L’alabastro rosa, infatti, tratto dalle cave intorno a Erice (Trapani) – detto anche pietra incarnata per la sua caratteristica cromia rosata con venature violacee – si riteneva particolarmente adatto a rappresentare il corpo di Cristo, rendendo in modo naturale le lividure del martirio senza bisogno di interventi pittorici.
Completamente dipinta è, invece, la figura dell’aguzzino, mentre si conservano solo alcune rifiniture cromatiche in quella di Pilato. Il contenuto realismo, assieme a una teatralità enfatizzata, ma priva di drammatiche esasperazioni, hanno suggerito, l’accostamento allo stile della bottega dei Tipa. In particolare la statua di Cristo si inserisce in un preciso filone di cui si annoverano molteplici esemplari analoghi a partire dall’Ecce Homo della chiesa Madre di Petralia Sottana, al Cristo alla colonna della chiesa del Carmine di Trapani, alle due sculture del Museo diocesano di Sant’ Angelo di Brolo.
Attivi a Trapani nella seconda metà del Settecento, Andrea e Alberto Tipa si possono considerare tra i principali scultori locali dell’epoca per finezza ed espressività decorativa, tanto. He una statua in avorio di Alberto raffigurante San Michele e i demoni venne ammirata dall’Houel durante il suo viaggio in Sicilia e donata successivamente dal nipote a Ferdinando II di Borbone nel 1801. Andrea, invece, oltre che per le sculture in piccolo formato, fu un apprezzato autore di opere in marmo e legno e eseguì su commissione del senato di Trapani il monumento in marmo a Carlo III, un tempo in piazza Marina, inaugurato nel 1730, mentre in legno realizzò il gruppo della Sacra Famiglia della chiesa dell’Itria a Trapani e il Crocifisso fra due ladroni della chiesa di San Nicola della stessa città.
Buda V., Lanuzza S. (a cura di), Tesori di Milazzo. Arte sacra tra Seicento e Settecento., Milazzo 2015