La gabbia di Milazzo

La gabbia di ferro contenente uno scheletro umano fu rinvenuta casualmente il 17 febbraio 1928 da una squadra di detenuti che eseguiva lavori di scavo nel terreno compreso nella cinta esterna del carcere di Milazzo, in Sicilia. La gabbia era a circa venticinque centimetri di profondità. Tra le ossa dello scheletro, ricoperti dalla terra, emersero cinque bottoni, di cui tre, a superficie piatta, portano, in basso, la scritta Enniskilling 27, al centro la sagoma di tre torri, di cui quella centrale è sormontata da una bandiera. Sul retro di uno di uno dei tre bottoni si legge la scritta Covent Garden. Gli altri due bottoni, a forma convessa, riportano rispettivamente un’ancora e il rilievo di tre cannoncini. Le scritte e le caratteristiche dei bottoni furono oggetto di studio di alcuni studiosi inglesi, i quali stabilirono che i bottoni appartenevano alla divisa dei soldati del 27° reggimento Enniskilling. che fu di stanza a Milazzo con a capo Sir John Stuart, tra il 1806 ed il 1808 agli ordini di S.M. Britannica. Il reggimento aveva partecipato agli scontri con le truppe napoleoniche in Italia meridionale, in particolare in Calabria e in Sicilia. Nel luglio 1806 il reggimento, che occupava il castello di Milazzo, era stato sconfitto presso Maida, in Calabria. Per quanto riguarda l’identità dell’uomo rinchiuso nella gabbia, dalla consultazione dei registri matricola del reggimento, emerse che il soldato Andrew Leonard, di 25 anni, era stato dichiarato disertore. L’ipotesi, abbastanza attendibile, che il soldato fosse stato condannato alla pena di morte per diserzione poiché spia dei francesi, ed esposto in gabbia sulle mura del castello. I risultati dell’esame dello scheletro ne accertarono l’età (circa 30 anni) e la statura (circa 165 centimetri), dati che corrispondevano alle caratteristiche riportate nei registri del reggimento. Poiché allo scheletro mancavano le parti inferiori delle gambe, la mano sinistra, l’avambraccio e la mano destra, fu ipotizzato che l’uomo era stato sottoposto a mutilazione ed esposto nella gabbia a scopo intimidatori. Unico dubbio le mutilazioni poiché voci popolari dicono che la gabbia ritrovata da tre  ragazzini di cui uno figlio di un carceriere, intenti a raccogliere margherite e lumache all’interno del castello, trovarono la gabbia e smuovendola la fecero, senza volerlo, precipitare  nel fossato sottostante dove venne ritrovata dai detenuti. Nel salto, quasi sicuramente, andarono perduti gli arti mancanti e indussero gli studiosi a errate valutazioni. La gabbia con all’interno lo scheletro trovato ai piedi del Mastio è custodita a Roma presso il Museo Criminale, oggetto ancora oggi di studi e di congetture, mentre una copia e posta all’interno del maniero.

Le informazioni qui riportate sono state raccolte e gentilmente concesse da: Salvatore Paolini, socio volontario dell’associazione SiciliAntica