Madonna addolorata
Autore: Ignoto pittore
Datazione: Fine sec. XVII
Materiale: Olio su vetro
Dimensioni: cm 41×31,5
Luogo: Milazzo, chiesa del SS. Crocifisso in San Papino
Il dipinto, che con molta probabilità in origine era collocato ai piedi del Crocifisso nell’omonima cappella della chiesa di San Papino, raffigura la Madonna addolorata, trafitta da una spada mentre contempla la corona di spine che tiene tra le mani. Il capo, leggermente reclinato, è incorniciato da una cuffia bianca che lascia fuoriuscire le mosse ciocche dei capelli sulla spalla, mentre il velo azzurro copre in parte l’abito bianco, bordato d’oro. Il soggetto della Madonna addolorata si presenta come una semplificazione dei Sette dolori della Vergine, tema raffigurato con l’attributo iconografico di sette spade che feriscono il cuore di Maria. Si tratta di una fedele rappresentazione di quanto si legge nel vangelo di Luca a proposito della profezia che Simeone fece a Maria, il giorno della presentazione di Gesù al Tempio, rivelandole che una spada le avrebbe trafitto l’anima. Tale soggetto, che nel Cinquecento interessò soprattutto gli artisti dell’Europa del nord, si riscontra in opere italiane e spagnole nel corso del Seicento.
Nello stesso arco di tempo si diffuse anche la rappresentazione dell’Addolorata, priva della spada, che contemplava gli strumenti della Passione. Si tratta dell’iconografia della Vergine della solitudine o La Soledad ispirata ad una leggenda religiosa che narra della Madonna rimasta sola, dopo la morte del figlio, in una cappella di fronte al Calvario fino al giorno della Resurrezione. Quest’ultimo tema fu trattato in special modo dagli artisti spagnoli che operavano nel clima della Controriforma e si diffuse anche in Sicilia, dove nel 1590 fu fondata a Palermo la confraternita della Nostra Signora de la Soledad. L’iconografia del quadro in esame appare come una sintesi dei due soggetti per la presenza sia della spada che trafigge il cuore della Madonna sia della corona di spine, oggetto della contemplazione della Vergine.
L’ impostazione generale del dipinto sembra rifarsi ad un modello, forse noto attraverso la circolazione di incisioni che venivano diffuse per dare impulso nel Seicento al culto della Madonna dei dolori. Tuttavia, la resa delle ombreggiature del volto, il morbido panneggio e i particolari anatomici rivelano la mano di un abile artista capace di padroneggiare la tecnica della pittura su vetro. Bisogna considerare il fatto che la pittura su vetro è caratterizzata dal costante uso di stampe, disegni e modelli desunti dalla pittura di dimensioni monumentali, come spesso accade anche nelle coeve miniature perché prevale la loro funzione devozionale. Il fatto, inoltre, che la pittura su vetro, giunta in Sicilia verso la fine del XVII secolo, in ritardo rispetto alle altre parti d’Europa, si caratterizzasse per un disegno incerto e uno stile piuttosto popolare con colori accesi, manifesta l’assenza di botteghe specializzate nella produzione di tali dipinti.
Nel complesso l’opera, di pregevole fattura, è ascrivibile alla fine del Seicento, come suggeriva anche la coeva cornice con ampi girali d’acanto in legno intagliato e dorato che impreziosiscono il dipinto. Il modello iconografico, invece, potrebbe risalire ai primi decenni del Secolo, quando circolavano opere caratterizzate da un moderato patetismo, nate per soddisfare le istanze controriformate e in cui confluivano ancora elementi stilistici manieristi, spesso influenzati anche dalla coeva pittura fiamminga. Difficile risulta, pertanto, ipotizzarne l’attribuzione e si può anche supporre che il dipinto, destinato alla devozione privata, possa essere stato realizzato fuori dalla Sicilia e poi acquistato dalla nobile famiglia Baele che, come attestano le fonti, patrocinava la cappella del Crocifisso.
Buda V., Lanuzza S. (a cura di), Tesori di Milazzo. Arte sacra tra Seicento e Settecento., Milazzo 2015